Controlli e liti

Successioni, no alla riscossione oltre l’attivo ereditario

di Piergiacomo Giusto

Se il contribuente accetta l’eredità col beneficio d’inventario (articoli 470 e 490 del Codice civile), alcuna attività di esazione coattiva potrà esser avviata nei suoi confronti per importi superiori al perimetro dell’attivo ereditario. Pertanto, è da ritenersi integralmente nullo il provvedimento della riscossione se il contribuente dimostra l’intervenuta erosione dell’attivo per effetto dell’avvenuto pagamento di parte dei creditori ereditari e, perciò, la consequenziale sopravvenuta carenza di responsabilità patrimoniale per i debiti ereditari ancora in essere. Queste, in estrema sintesi, le conclusioni a cui è pervenuta la Ctp di Napoli nella sentenza 13365/35/2019 depositata lo scorso 5 dicembre (presidente Buonauro, relatore Ciriello).

La fattispecie sottoposta all’esame del giudice partenopeo involgeva una intimazione di pagamento emessa a seguito di sentenza resa dalla Ctr Campania (passata in giudicato), con cui i giudici di secondo grado avevano parzialmente accolto le lagnanze della parte privata, sancendo una consistente rideterminazione del reddito d’impresa originariamente accertato per l’anno d’imposta 2008 dall’ente impositore. Il soggetto passivo del rapporto d’imposta destinatario dell’atto intimativo dell’obbligazione, come emendata dal decidente, non era più il contribuente titolare della ditta accertata nell’anno 2008 (in quanto nelle more deceduto), bensì la figlia subentrata nei rapporti passivi e attivi nella qualità di erede, seppur col beneficio d’inventario.

Sicché, la diretta interessata adiva la commissione tributaria di Napoli e domandava pronunciarsi l’integrale annullamento dell’ atto esattivo, eccependo a sostegno la violazione dell’articolo 490, comma 2, numero 2) del Codice civile, per insussistenza dei presupposti di responsabilità legittimanti l’avvio dell'attività di esecuzione coattiva nei suoi confronti. In particolare, lamentava:

di aver accettato col beneficio d’inventario l’eredità lasciata dalla defunta madre deceduta nell’anno 2013;

che l’asse ereditario, come risultante da verbale d’inventario, era composto da un attivo di circa 30mila euro e da un passivo di circa 300mila euro (pertanto sarebbe stata tenuta al pagamento dei debiti ereditari non oltre il perimetro di 30mila euro);

che negli anni successivi alla dipartita del defunto, ha continuato a effettuare il pagamento delle rate di un mutuo inserito nel passivo per un importo pari a circa 40mila euro e che, pertanto, alla data di emissione e notificazione dell’atto esattivo di cui si discute, era sopravvenuta la erosione integrale dell’attivo ereditario, conseguendone che alcuna attività di recupero erariale coattivo avrebbe potuto esser avviata nei suoi confronti.

Il collegio, preso atto dell’esaustiva documentazione comprovante le deduzioni difensive della parte privata, da un lato, e delle inconsistenti difese svolte dalla pars publica, dall’altro, si risolveva, seppur succintamente motivando, per l’accoglimento del ricorso e l’annullamento dell'intimazione opposta.

La disciplina codicistica, all’articolo 470 del Codice civile, prevede che l’accettazione dell’eredità da parte del chiamato (che può avvenire sia espressamente ex articolo 475 del Codice civile, che per facta concludentia ex articolo 476 del Codice civile) può configurarsi in pura e semplice oppure col beneficio d’inventario, in tale ultimo caso trovando applicazione gli articoli 484 e successivi del Codice civile. È opportuno soffermarsi sulle conseguenze patrimoniali che ricadono sull’erede che si è avvalso di una tale facoltà. L’articolo 490 del Codice civile prescrive che il patrimonio del defunto non si confonde con quello dell’erede, il quale non è quindi tenuto al pagamento dei debiti ereditari oltre il valore dei beni a lui pervenuti, bensì semmai intra vires hereditatis. Di conseguenza, laddove l’attivo ereditario non sia sufficientemente capiente rispetto al passivo - come nel caso affrontato - i creditori del defunto non ancora soddisfatti non potranno aggredire il patrimonio dell’erede beneficiato.

Una volta trascritta, a cura del cancelliere, la dichiarazione di accettazione col beneficio de quo (corredata dal verbale d’inventario dell’asse ereditario), a seconda del contegno tenuto dai creditori dell’eredità e dei legatari, potranno aprirsi due distinte strade:

qualora nel termine di un mese dalla prefata trascrizione i creditori o i legatari facciano opposizione, si darà luogo ad una procedura di liquidazione concorsuale dell’attivo ereditario secondo le modalità indicate dall’articolo 498 del Codice civile, volta a garantire la par condicio creditorum, fatte salve le cause di prelazione (ipoteca, pegno e privilegio);

in alternativa, laddove nel termine prestabilito i creditori o i legatari rimangano inerti, l’erede potrà decidere comunque di liquidare l’attivo patrimoniale secondo la disciplina concorsuale (al fine di liberarsi da ogni responsabilità) oppure potrà procedere alla liquidazione individuale, ovverossia al pagamento dei creditori, nell’ordine in cui questi si presenteranno.

Nel solo caso in cui questi dovessero presentarsi contestualmente, l’erede dovrà invero preferire coloro il cui credito risulti assistito da privilegio, pegno o ipoteca. E tanto nell’uno, quanto nell’altro caso, una volta esaurito l’asse ereditario, i creditori rimasti insoddisfatti (che, si ribadisce, non potranno aggredire il patrimonio personale dell’erede) potranno tutt’al più esercitare il loro diritto di regresso contro eventuali legatari.

Sull’applicabilità di questa disciplina alle obbligazioni erariali, può sostenersi ch’essa opera tout court anche in tale ambito, giacché l’unica disposizione speciale in tema di responsabilità degli eredi per le obbligazioni tributarie il cui presupposto si sia verificato anteriormente alla morte del dante causa è contenuta nell’articolo 65 del Dpr 600/73. Quest’ultimo, specificamente, prevede una responsabilità solidale tra i coeredi in luogo di quella patrimoniale pro quota di matrice prettamente civilistica, di cui all’articolo 752 del Codice civile.

Pertanto, non essendo rinvenibile nell’ordinamento tributario alcuna specifica disposizione per gli eredi beneficiati, in tale ambito non potrà che trovare piena applicazione la disciplina civilistica esaminata. Di conseguenza, l’amministrazione finanziaria non sarà legittimata ad aggredire il patrimonio dell’erede che abbia accettato col beneficio d’inventario ultra vires hereditatis. Laddove l’erede opponga che, per effetto dell’avvenuto soddisfacimento di creditori ereditari palesatisi in periodo antecedente al Fisco, si sia verificata l’integrale erosione dell’attivo patrimoniale ereditato col prefato beneficio, l’ufficio impositore dovrà desistere, in ossequio a quanto prescritto dall’articolo 495 del Codice civile, dall’attuazione di azioni di recupero coattivo.

D’altra parte, la Cassazione ha già avuto modo di precisare che la limitazione, derivante dall’accettazione beneficiata dell’eredità, della responsabilità in capo all’erede per i debiti ereditari è opponibile a qualsiasi creditore (compreso l’Erario). Ragion per cui, laddove l’erede riceva una cartella che gli intimi il pagamento dell’intero importo del debito ereditario, costui avrà interesse a far valere la limitazione della propria esposizione debitoria mediante un accertamento giudiziale in mancanza del quale il titolo non sarà più contestabile in sede esecutiva. E tale azione non potrà ch’esser avanzata davanti alla giurisdizione tributaria, come noto ex lege deputata a conoscere dell’an e del quantum della pretesa erariale. Spetta, perciò, solo al giudice tributario l’individuazione del soggetto tenuto al versamento dell’imposta, nonché dei limiti entro i quali, per la sua qualità, sia obbligato a rispondere (Cassazione 4788/2017).

La Ctp di Napoli, preso atto della sopravvenuta erosione dell’attivo patrimoniale ereditato col beneficio d’inventario, ha disposto l’annullamento dell’atto esattivo. La decisione rappresenta un’occasione per rimarcare la necessità di affrontare con la massima oculatezza possibile la gestione della delicata fase del trasferimento patrimoniale mortis causa, al fine di assicurare ampia tutela al contribuente.

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