Controlli e liti

Cessione d’azienda, sull’imponibile anche il peso delle passività

di Alessia Urbani Neri

Ancora non sembra risolta la questione della determinazione, in caso di cessione d’azienda, della base imponibile da calcolare ai fini dell’imposta di registro. La Ctp di Rimini con sentenza 137/2/19 (presidente Cameli, relatore Camalotti) ha affermato, seguendo il granitico principio di diritto fissato dalla giurisprudenza di legittimità, che, in caso di trasferimento d’impresa o cessione di ramo d’azienda, la base imponibile su cui calcolare l’imposta di registro dovuta deve comprendere nel prezzo anche le passività aziendali.

Nel caso in esame, una società aveva ceduto la propria azienda versando l’imposta di registro sulla base del prezzo di vendita indicato nell’atto. L’ufficio, senza contestare nel merito il valore dell’azienda trasferita, aveva ricalcolato l’imposta comprendendo nella base imponibile anche le passività cedute con la compravendita. La società deduceva, invece, che il calcolo dell’imposta andava fatto al netto delle passività, dal momento che il prelievo, colpendo il trasferimento di ricchezza, non può considerare nel corrispettivo anche le passività, trattandosi di debiti che il cessionario si accolla e che andrebbero decurtati dal prezzo finale.

Secondo l’articolo 2555 del Codice civile, l’azienda è una «universitas rerum» comprensiva di tutti i beni materiali e immateriali: la sua alienazione comporta il trasferimento dei beni e dei rapporti, tanto dal lato attivo quanto da quello passivo. Pertanto, nel corrispettivo va considerata non solo la somma di denaro effettivamente pagata, ma anche le passività, essendo queste oggetto del trasferimento.

Questa interpretazione non è incoerente con la funzione propria dell’imposta di registro volta a tassare in modo solidale il trasferimento di ricchezza, in quanto la parte venditrice, cedendo le passività, si arricchisce il patrimonio non essendo più obbligata all’adempimento dei debiti ceduti, mentre l’acquirente depaupera il suo patrimonio, acquisendo l’azienda e unitariamente anche i suoi debiti. È, quindi, giuridicamente corretto ritenere che nella determinazione del corrispettivo vadano ricomprese anche le passività, dovendosi calcolare la base imponibile sul prezzo di vendita (articolo 43, Tuir).

È pur vero che le passività cosiddette “inerenti”, ossia funzionali all’esercizio d’impresa, possono poi venire dedotte dal cessionario. In tal senso viene fatta salva la facoltà delle parti di pattuire espressamente che dal prezzo finale di vendita sono scomputate le passività inerenti all’impresa. Tale eccezione trova il conforto anche della giurisprudenza di legittimità: in base all’articolo 51, comma 1, Dpr 131 del 1986, l’imposta di registro deve essere applicata alla cessione di azienda sulla base del valore dichiarato in atto o (in mancanza o se superiore) del corrispettivo pattuito, che le parti possono parametrare al valore netto dell’azienda, senza che si debbano aggiungere le passività aziendali trasferite; in questo caso l’eventuale corte del merito dovrà valutare in concreto il requisito dell’inerenza dei finanziamenti effettuati dalla banca all’azienda ceduta (Cassazione 888/2019).

Ctp di Rimini 137/2/19

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