Controlli e liti

Anche le Dogane senza vertici: si complicano la gestione di Brexit e la lotta alle frodi

di Marco Mobili e Giovanni Parente

La politica del rinvio non paga. Non solo sul fronte delle entrate erariali e della gestione dei servizi ai contribuenti. Ma anche su quello delle Dogane e Monopoli. Un versante che la congiuntura rende ancora più delicato. Basti pensare che a fine gennaio i doganieri saranno chiamati in prima persona a gestire l’impatto della Brexit. Sul tavolo c’è sempre la guerra dei dazi e, alla luce delle crisi internazionali, ci saranno da affrontare i controlli sugli embarghi. Il tutto senza dimenticare che con il decreto fiscale collegato alla manovra l’agenzia delle Dogane dovrà contribuire ai saldi di finanza pubblica per oltre un miliardo di euro con il contrasto alle frodi. La componente dei Monopoli, invece, dovrà assicurare 1,2 miliardi in più tra aumenti dei controlli sul gioco illegale e gestione dei nuovi aumenti d’imposta per slot e vincite.

La mancata nomina del direttore delle Dogane (così come quelli delle Entrate e del Demanio) da parte della Presidenza del Consiglio su indicazione del ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, e la contestuale assenza del comitato di gestione mettono seriamente a rischio gli obiettivi aggiuntivi fissati per il 2020. Così come denunciato dalle cinque sigle sindacali dei dipendenti delle Agenzie fiscali (Fp Cgil, Cisl Fp, Uilpa, Confsal/Unsa e Flp) che appena pochi giorni fa hanno proclamato lo stato di agitazione. A preoccupare i sindacati sono le carenze di organico anche per quanto riguarda l’area della dirigenza e le risorse insufficienti per garantire il salario accessorio del personale. Scarsità di risorse che, come denunciano le 5 sigle in una nota congiunta, mettono «a rischio addirittura il pagamento di indennità previste da leggi».

E, come spiega in particolare Confsal/Unsa, non basteranno neanche le 300 assunzioni di personale non dirigenziale previste dal decreto fiscale e le 150 avviate già nel 2019 a colmare le carenze di organico stimate in 2.700 unità. Del resto, nel corso degli anni si sono stratificate specifiche misure che hanno aumentato il gap tra gli effettivi in organico e quelli che sarebbe stato necessario inserire per rispondere in maniera adeguata alle mansioni attribuite alla struttura, che sono andate via via aumentando. In tal senso, va ricordato il blocco decennale del turnover che, come fanno notare sempre da Confsal/Unsa, ha contribuito ad innalzare l’età media dei dipendenti. A questo si sono aggiunte anche le uscite per «quota 100».

Nonostante i differenti obiettivi, la situazione è praticamente la stessa anche alle Entrate dove lo schema di convenzione con il Mef ha messo in conto la perdita di quasi 4mila unità nel triennio 2019-2021 tra uscite volontarie e quelle per «quota 100». A questo si aggiungono le difficoltà legate anche in questo caso alla mancata nomina degli organismi di vertici. Come ricordato ieri su queste colonne, manca ancora la figura del direttore dopo la decadenza di Antonino Maggiore non confermato in virtù del meccanismo dello spoil system né sostituito in oltre 100 giorni di vita del governo Conte 2. Ma non solo, perché da maggio è stato azzerato il comitato di gestione che procede, tra l’altro, a tutte le nomine apicali interne e da inizio 2020 non è riconosciuto il compenso per il ruolo di capoteam (funzionari con ruoli strategici per i servizi erogati ai contribuenti come l’erogazione dei rimborsi o le attività delle conservatorie immobiliari).

Una situazione di stallo duramente criticata anche dalle opposizioni. Fratelli d’Italia ha già depositato un’interrogazione parlamentare al presidente del Consiglio Conte e al ministro dell’Economia Gualtieri. A tal proposito, il capogruppo di Fdi alla Camera, Francesco Lollobrigida, chiede al Governo «in che misura si intenda garantire la loro piena operatività anche per le incombenze eccedenti l’ordinaria amministrazione, come venga assicurato il gettito per l’Erario direttamente derivante dall’attività istituzionale delle agenzie fiscali e quali criteri di selezione, basati sulla meritocrazia e la trasparenza delle procedure, si intendano adottare per le future nomine».

Ad aggravare ulteriormente la situazione, c’è il fatto che l’attuale direttore vicario delle Entrate, Aldo Polito, dovrà lasciare l’incarico a fine gennaio perché dal prossimo mese sarà in pensione. Il rischio, quindi, di una prolungata assenza di una governance pienamente operativa della macchina fiscale è più che concreto, mettendo a repentaglio anche i nuovi obiettivi di recupero dall’evasione fissati proprio dall’ultima manovra.

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