Controlli e liti

Accertamento del reddito d’impresa per il procacciatore d’affari

di Alessandro Borgoglio

L’attività di procacciatore d’affari, così come di mediatore, dà luogo a reddito d’impresa, che è soggetto alle specifiche regole di determinazione previste dal Tuir, nonché alle presunzioni che l’ordinamento tributario pone in relazione all’accertamento di tale tipologia reddituale, come quelle che interessano le indagini finanziarie. È quanto si desume dall’ordinanza 31643/2019 della Cassazione.

In base all’articolo 55, comma 1, del Tuir, sono redditi d’impresa quelli che derivano dall’esercizio di imprese commerciali. Per esercizio di imprese commerciali si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività indicate nell’articolo 2195 del Codice civile (attività industriale diretta alla produzione di beni o di servizi, attività intermediaria nella circolazione dei beni, attività di trasporto per terra, per acqua o per aria, attività bancaria o assicurativa e altre attività ausiliarie delle precedenti) e delle attività indicate alle lettere b) e c) del comma 2 dell’articolo 32 del Tuir, ovvero le attività di allevamento di animali e quelle connesse a quelle agricole che eccedono i limiti stabiliti, anche se non organizzate in forma di impresa. Inoltre, in base al comma 2, lettere a), del predetto articolo 55, sono altresì considerati redditi d’impresa quelli derivanti dall’esercizio di attività organizzate in forma di impresa dirette alla prestazione di servizi, che non rientrano nell’articolo 2195 del Codice civile.

Pertanto, è evidente che le attività previste dall’articolo 2195 del Codice civile sono qualificate come espressioni dell’esercizio di impresa commerciale, indipendentemente dal fatto che siano organizzate in forma di impresa: l’esercizio di tali attività determina sempre la sussistenza di una impresa commerciale, ai fini del Tuir, indipendentemente dall’assetto organizzativo scelto per l’esercizio dell’attività; ciò, quindi, deroga alla previsione civilistica in base agli articoli 2082 e 2195 del Codice civile, per cui le attività previste dall’articolo 2195 del Codice civile integrano i presupposti dell’impresa commerciale solo se sono organizzate. La scelta del legislatore tributario è stata dettata dall’esigenza di semplificare l’attività di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria, che deve limitarsi a valutare l’esistenza dello svolgimento di una delle attività all’articolo 2195 del Codice civile, senza dover valutare le concrete modalità di esercizio dell’attività ai fini della sua qualificazione.

È necessario, invece, che sussista il requisito della abitualità, che va intesa come attività stabile nel tempo, con riguardo al periodo temporale rilevante ai fini dell’imposizione sui redditi, quindi al periodo di imposta (per attività svolta in forma abituale deve intendersi un normale e costante indirizzo dell’attività del soggetto che viene attuato in modo continuativo, deve cioè trattarsi di un’attività che abbia il particolare carattere della professionalità: così circolare 7/1496 del 30 aprile 1977).

Sulla base di tale quadro normativo, la Cassazione, ha stabilito che tra le imprese ausiliarie, di cui all’articolo 2195 del Codice civile, che sono quelle che agevolano, direttamente o indirettamente, l’esercizio di altre attività d’impresa, svolgendo funzioni complementari, vanno ricomprese l’agente di commercio, lo spedizioniere doganale, il promotore finanziario, il mediatore, come pure il procacciatore di affari.

Tutte queste attività, in conclusione, qualora sussista il requisito dell’abitualità, comportano la produzione di reddito d’impresa, determinato secondo le relative regole, e il Fisco può procedere all’accertamento sulla base delle indagini finanziarie, come era avvenuto, appunto, nel caso della sentenza qui commentata, in cui era stata aperta d’ufficio una partita Iva al contribuente che, pur essendo già un militare della GdF, era stato ritenuto esercente l’attività di procacciatori d’affari e quindi assoggettato a indagini finanziarie, con le relative presunzioni di imponibilità dei versamenti e dei prelevamenti sul conto corrente.

Cassazione, ordinanza 31643/2019

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