Controlli e liti

Le fatture per operazioni inesistenti senza prova indicano reddito da attività illecita

di Alessia Urbani Neri

L’emissione di fatture relative a operazioni inesistenti, senza la prova concreta da parte della società dell’effettiva esecuzione delle prestazioni contestate dall’ufficio in forza di elementi presuntivi, costituisce reddito da attività illecita, che va recuperato nei limiti del vantaggio economico arrecato all’impresa utilizzatrice. Lo afferma la sentenza della Ctp di Brescia 526/2019 (presidente Vitali, relatore Seddio). Una società di robotica aveva emesso fatture per operazioni inesistenti nei confronti di altra impresa, che a sua volta aveva rifornito un’altra azienda. L’ufficio, nell’ambito di questo rapporto trilaterale, contestava l’effettività dell’esecuzione delle prestazioni riportate in fattura, attesa l’accertata non funzionalità dell’azienda, che non risultava avere alcuna sede operativa, avendo pure commesso diverse irregolarità contabili e omissioni fiscali. La società, di contro, produceva una lettera, ritenuta inattendibile dal giudice di merito, destinata e sottoscritta dalla stessa azienda di fornitura di personale, in cui non venivano specificate né le mansioni , né il ruolo, nè le qualifiche ricoperte, oltre al fatto che la lettera non aveva data certa. Anche l’ulteriore scrittura privata di permuta di attrezzatura non veniva considerata attendibile per il suo generico riferimento a non meglio precisati ordini. L’assenza, quindi, di prova contraria sulla effettiva esecuzione delle prestazioni contestate ha indotto il collegio a ritenere legittimo l’accertamento del maggior reddito corrispondente con il risparmio d’imposta riferito alle prestazioni sottese alle fatture usate indebitamente dall’impresa ricorrente. Ebbene, come affermato anche da costante giurisprudenza di legittimità (Cassazione, ordinanza 6865/2019) condivisa dalla Ctp, in conformità con i comuni canoni probatori stabiliti dall’articolo 2697 del Codice civile, compete sempre al contribuente, che abbia effettuato una detrazione di imposta, l’onere di dimostrare, in presenza di sufficienti elementi indiziari forniti dall’ufficio circa la fittizietà della prestazione sottostante la fattura, non contestati dalla Ctr, l’esistenza del diritto esercitato e dell’esecuzione effettiva della prestazione. Tale prova non può consistere nella semplice esistenza di fatture formalmente regolari, allorquando l’ufficio adduca elementi che contrastano con l’apparenza documentale. In questo caso, infatti, il contribuente deve fornire ulteriori e più congrui elementi che dimostrino la veridicità (ideologica e/o materiale) della documentazione contabile e dei dati in essa esposti, e perciò della effettiva esistenza e della effettiva operatività dell’impresa. In questo senso, è onere del contribuente fornire congrui elementi a dimostrazione del concreto funzionamento dell’impresa, dimostrando non solo l’avvenuto pagamento dell’intera somma di denaro con disponibilità proprie, ma anche e soprattutto l’effettivo compimento delle operazioni eseguite verso terzi, producendo la documentazione attestante la realizzazione dei lavori e la rispondenza del prezzo concordato con quello pagato in forza di un accordo negoziale da cui evincere le opere commissionate e l’importo pattuito per l’esecuzione dei lavori commissionati, che avrebbero originato l’obbligo di pagamento del prezzo.

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