Controlli e liti

Stop alle presunzioni di nero per gli imballaggi

di Alessandro Borgoglio

Alle differenze inventariali riscontrate in sede di accesso dai verificatori non si applicano le presunzioni di acquisto e cessione “in nero”, se le differenze riguardano imballaggi destinati a contenere i prodotti commercializzati dall’impresa. Lo ha stabilito la Ctp Milano con la sentenza 4693/7/19 (presidente Mainini, relatore Bertolo).

In base all’articolo 1 del Dpr 441/1997, si presumono ceduti i beni acquistati che non si trovano nei luoghi di attività del contribuente. Per il successivo articolo 3, i beni che si trovano in uno dei luoghi in cui il contribuente svolge le proprie operazioni si presumono acquistati se non si dimostra di averli ricevuti in base a un rapporto di rappresentanza o ad altro idoneo titolo. Infine, l’articolo 4 stabilisce che gli effetti delle presunzioni di cessione e di acquisto, conseguenti alla rilevazione fisica dei beni, operano al momento dell’inizio degli accessi, ispezioni e verifiche, mentre le eventuali differenze quantitative derivanti dal raffronto tra le risultanze delle scritture ausiliarie di magazzino e le consistenze delle rimanenze registrate costituiscono presunzione di cessione o di acquisto per il periodo d’imposta oggetto del controllo.

Talvolta sono stati contestati dal Fisco acquisti e vendite “in nero” semplicemente sulla base delle differenze inventariali registrate in contabilità dalla stessa impresa. L’agenzia delle Entrate, però, nel 2006, aveva puntualizzato che le differenze inventariali non necessariamente sono riconducibili a fenomeni di evasione di imposta, ma si generano anche in modo fisiologico in relazione alla ordinaria dinamica gestionale di un magazzino e, pertanto, il verificatore è sempre chiamato a una analisi complessiva della posizione economica, patrimoniale e gestionale dell’azienda controllata, non limitandosi alla ripresa a tassazione sic et simpliciter degli importi corrispondenti al valore delle predette differenze (circolare 31/E/2006).

Molto più rigida è sempre stata, invece, la Cassazione, stabilendo che, se vi sono differenze inventariali, operano comunque le presunzioni poste dalla legge, a prescindere dalla loro entità, atteso che nessuna norma pone una soglia minima per l’esercizio del potere accertativo (Cassazione 6185/2017, 10915/2015, 21154/2008), e spetta al contribuente fornire la prova contraria (Cassazione 21517/2005).

La Ctp Milano ha stabilito che tali presunzioni, nel caso specifico, non potevano operare in relazione ai display espositivi (in cartone) usati per la promozione dei prodotti nei supermercati, perché questi display non costituivano beni commercializzati dall’impresa idonei a produrre ricavi, dovendosi considerare come imballaggi, ovvero elementi accessori alla cessione di beni.

Ctp Milano 4693/7/2019

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