Controlli e liti

Idonei i movimenti bancari per contestare il redditometro

di Rosanna Acierno

Le somme pervenute sul conto corrente a seguito della vendita di beni e la loro successiva diminuzione rappresentano una prova idonea a giustificare il sostenimento delle spese accertate sulla base del redditometro. Una volta, infatti, che il contribuente abbia dimostrato l’accredito delle provviste derivanti dalla vendita di beni di sua proprietà e la successiva diminuzione dei saldi finali dei conti correnti su cui sono state bonificate le provviste, deve ritenersi superata la prova contraria richiesta dal legislatore in caso di redditometro. Sono queste le principali conclusioni cui è giunta la Ctr Lombardia 4383/2/2019 (presidente Proietto, relatore Lamberti), chiamata a pronunciarsi, in sede di rinvio, dalla Corte di cassazione.

Due coniugi ricevevano due avvisi per gli anni di imposta 2007 e 2008 con cui si contestavano maggiori redditi imponibili, a seguito di accertamento redditometrico (articolo 38, Dpr 600/73), cioè in base a incrementi patrimoniali e indici di spesa contemplati da appositi decreti ministeriali. In questi casi, il contribuente è tenuto ad addurre la cosiddetta “prova contraria”, ad esempio dimostrando redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d’imposta. Inoltre, secondo alcuni uffici (e alcuni giudici) il contribuente deve anche provare che le risorse siano state utilizzate proprio per sostenere le spese contestate a seguito dell’accertamento sintetico. Circostanza, quest’ultima, impossibile da documentare con riferimento alle spese presuntive di mantenimento dei beni calcolate sulla base degli indici.

La Ctp di Milano, a fronte delle prove contrarie presentate dai due coniugi (in particolare, la vendita nel 2007 di due autovetture e di una imbarcazione), accoglieva il ricorso. L’ufficio proponeva appello davanti alla Ctr che lo accoglieva, ritenendo che i contribuenti non avrebbero dovuto provare soltanto la sussistenza di disponibilità finanziarie ulteriori rispetto al reddito, ma anche l’utilizzo di tali risorse per sopperire all’esiguità del reddito dichiarato.

Chiamata dai coniugi a pronunciarsi, la Cassazione 12613/2018 bocciava la sentenza e rinviava il giudizio ad altra sezione della Ctr Lombardia, sulla base del principio secondo cui in caso di accertamento redditometrico, il contribuente non è tenuto ad addure alcuna altra prova, se non la dimostrazione dell’esistenza di ulteriori redditi (esenti o soggetti a tassazione separata) e di circostanze sintomatiche che inducano a ritenere che vi sia stato verosimilmente un loro impiego.

Così, alla luce del principio statuito dalla Corte suprema, i giudici di secondo grado hanno respinto l’appello dell’ufficio, affermando che nel caso di specie la prova contraria addotta dai coniugi era stata idonea a confutare il maggiore reddito accertato. I contribuenti, infatti, non si erano limitati a dimostrare il mero transito di disponibilità finanziarie, ma anche la durata del loro possesso e il loro graduale utilizzo nel tempo per fronteggiare le spese contestate, attraverso l’esibizione dei saldi finali dei conti correnti.

Ctr Lombardia 4383/2/2019

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