Controlli e liti

Nessuna ritenuta sulle commissioni ai circuiti delle card

di Alessandro Borgoglio

Le somme corrisposte dalle banche italiane a Visa e Mastercard per l’utilizzo dei loro circuiti internazionali di pagamento non possono essere qualificate come royalties soggette a ritenuta alla fonte, essendo invece delle vere e proprie commissioni per i servizi di pagamento. Lo ha stabilito la Ctr di Milano, con la sentenza 3935/11/2019 (presidente De Ruggiero, relatore Gallina).

L’articolo 25, comma 4, del Dpr 600/1973 dispone che sulle royalties corrisposte a soggetti non residenti si applica una ritenuta del 30% a titolo di imposta sulla parte imponibile del loro ammontare. Nel caso in esame, l’ufficio aveva recuperato alcuni milioni di euro nei confronti di una grossa banca residente, perché aveva omesso di applicare la ritenuta sulle royalties corrisposte a Visa e Mastercard per l’utilizzo dei loro circuiti.

La banca si era difesa, sostenendo che non si trattava di royalties, bensì di remunerazione di prestazione di servizi ovvero commissioni per i servizi di pagamento delle carte operanti sui circuiti. Tale impostazione veniva condivisa anche dai giudici di primo grado.

La difesa erariale aveva evidenziato che i pagamenti effettuati dalla banca erano direttamente correlati alla concessione dei diritti di sfruttamento e utilizzo dei beni immateriali rilasciati a favore della banca licenziataria, come desumibile dalla relazione diretta esistente tra l’entità degli importi versati e il totale delle transazioni generate dal pacchetto clienti della banca in forza dell’utilizzo proattivo di tali licenze.

I giudici regionali hanno stabilito, però, che quella di Visa e Mastercard è una realtà complessa che non può essere inquadrata in termini riduttivi di utilizzo e sfruttamento di beni immateriali, da intendersi quali marchi e know how connesso ai sistemi di pagamento. Basta pensare, a titolo esemplificativo, alle reti di comunicazione che veicolano nei corrispondenti circuiti le richieste e le autorizzazioni di spesa, alle operazioni di contabilizzazione e pareggio dei conti, alla gestione dei Pos presso gli esercenti. Attività, queste, che si avvalgono di strumenti non certo qualificabili come beni immateriali e che esigono servizi peculiari altamente specializzati. Rispetto ad esse, l’utilizzo e sfruttamento dei marchi identificativi risulta si presente - perché strumentale a garantire l’operatività dei flussi di pagamento - ma anche residuale. È, pertanto, coerente qualificare i corrispettivi versati dalla contribuente quali commissioni per i servizi di pagamento delle carte e remunerazione delle molteplici prestazioni erogate, commissioni ascrivibili alla categoria del reddito d’impresa e non soggette quindi a ritenuta alla fonte (a differenza delle royalties).

Alcuni anni fa gli stessi giudici milanesi avevano stabilito che non deve essere applicata la ritenuta d’acconto del 30% sulle royalties a soggetti non residenti qualora gli importi siano corrisposti per il diritto alla distribuzione del software, con esclusione del diritto di riproduzione e di sfruttamento del diritto di autore sul software stesso: in tal caso, infatti, si esegue un puro contratto di intermediazione, non essendovi alcuna cessione della licenza del software alla società italiana da parte di quella estera (Ctr Milano, sentenza 60/29/2017).

Ctr di Milano 3935/11/2019

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©