Adempimenti

Appalti, controllo delle ritenute anche sulle agenzie del lavoro

di Giorgio Gavelli

Appalti, subappalti ed affidamenti di opere o servizi in piena rincorsa, almeno per i contratti che presentano i limiti oggettivi e quantitativi del nuovo articolo 17-bis, comma 1 del Dl 241/1997, di cui trattano anche le prime risposte rese non ancora in forma ufficiale dall'agenzia delle Entrate. Vediamo le principali criticità che deve affrontare chi si trova ad applicare le nuove disposizioni, considerando che, come confermato dall'Agenzia (risoluzione 108/E/2019) e ribadito in questi giorni, anche le ritenute operate in gennaio relative agli appalti già in corso rientrano nel perimetro della nuova disciplina.

Requisiti oggettivi e soggettivi

Dalle prime risposte emerge che il limite di 200mila euro annui va inteso per singola impresa. Qualora il committente affidi il compimento di più opere e servizi alla stessa impresa con diversi contratti o rapporti negoziali comunque denominati, il limite va riferito alla somma degli importi annui dei singoli contratti e, all'atto del superamento del parametro, le nuove regole scattano per tutti i contratti ancora in essere a tale momento.

Dal lato soggettivo, l'Agenzia chiarisce che, diversamente dall'estensione del reverse charge prevista dal comma 3 dell'articolo 4 del Dl 124/2019 (e non ancora in vigore), le regole sulle ritenute riguardano anche le agenzie per il lavoro disciplinate dal decreto legislativo 276/2003. Fermo restando, tuttavia, che il rapporto da esse sottoscritto deve presentare tutte le caratteristiche di importo ed oggettive previste dal testo convertito.

Dal lato oggettivo, invece, non si ricade nella previsione normativa tutte le volte in cui il prestatore, dotato di una propria effettiva organizzazione imprenditoriale in termini di mezzi umani e tecnici, utilizzi beni strumentali non riconducibili al committente, perché di proprietà del prestatore medesimo, ovvero riconducibili a terzi non correlati in alcun modo con il committente. Ma l'analisi non si deve fermare alla sola attività core del committente, estendendosi a quelle accessorie e straordinarie. L'Agenzia fa l'esempio dei servizi di logistica e di facchinaggio, che rientrano (sussistendo gli ulteriori requisiti) nella nuova previsione normativa, anche qualora rese nei confronti di committenti operanti in diversi settori di attività (ad esempio, produzione o distribuzione).

Il Durc fiscale

Come più volte osservato (si veda, da ultimo, Il Sole-24 Ore del 19 e del 24 dicembre scorsi), è interesse di tutte le imprese coinvolte evitare i complessi adempimenti previsti attraverso la procedura del certificato di affidabilità fiscale di cui al comma 5, attualmente non ancora disponibile. L'allarme rosso scatta per chi non rispetta le condizioni, come nel caso delle imprese con meno tre anni di attività e con carichi a ruolo scaduti e non sospesi superiori alla soglia dei 50mila euro. Nel primo caso, particolarmente delicata è la posizione dell'impresa che ha ottenuto la partita Iva da un tempo inferiore, ma deriva da un’operazione straordinaria riguardante i soggetti (fusione o scissione) ovvero il patrimonio aziendale (cessioni, conferimenti e affitti di azienda): in proposito, potrebbe essere controproducente che operazioni di riorganizzazione aziendale (o veri e propri “salvataggi”) ne mettessero a rischio l'operatività impedendo l'accesso al Durc fiscale.

In questi giorni l'Agenzia ha chiarito che il concetto di operatività triennale segue quanto previsto con provvedimento del 12 giugno 2017, contenente criteri e modalità di cessazione della partita Iva e dell'esclusione della stessa dalla banca dati Vies; il riferimento non appare particolarmente centrato perché il decreto contiene più che altro indicazioni sull'analisi del rischio e non le modalità di computo del periodo previsto dal legislatore.

Come si applicano le nuove regole

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