Adempimenti

Ritenute appalti, l’assist dello Statuto per la consegna della documentazione ai committenti

di Valentino Tamburro

La nuova disciplina relativa alle ritenute e compensazioni in materia di appalti e subappalti labour intensive di importo complessivo annuo superiore a 200 mila euro entrerà nel vivo, per le imprese appaltatrici, il prossimo 17 febbraio, giorno in cui scadrà il termine per il versamento delle ritenute effettuate nel mese di gennaio. I committenti, invece, entro cinque giorni lavorativi dalla predetta scadenza, inizieranno a ricevere i primi prospetti contenenti l’elenco nominativo di tutti i lavoratori impiegati nell’opera o nel servizio affidato ai soggetti appaltatori, le retribuzioni corrisposte e le ritenute versate, sui quali dovranno effettuare una serie di controlli, al fine di evitare sanzioni a proprio carico.

Resta da capire se, applicando la disposizione contenuta nell’articolo 3, comma 2, dello Statuto dei diritti del contribuente, vi possa essere qualche spiraglio interpretativo per uno slittamento del termine per la consegna della documentazione in questione ai committenti, oppure per spostare in avanti il nuovo obbligo di versamento a mezzo F24 distinto per committente, considerato che la nuova disposizione è entrata in vigore lo scorso 1° gennaio 2020 e non sono ancora trascorsi i sessanta giorni previsti dallo Statuto. Bisogna infatti tenere presente che l’articolo 1, comma 1, della legge 212/2000, prevede che le disposizioni contenute nello Statuto dei diritti del contribuente costituiscono principi generali dell’ordinamento tributario e possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali.

Nel caso di specie, la legge di conversione del Dl 124 del 2019, oltre ad introdurre la nuova disposizione, non contiene alcuna deroga espressa all’articolo 3, comma 2, dello Statuto. Sia in dottrina che in giurisprudenza, tuttavia, non vi è uniformità di vedute in relazione alla possibilità, per una legge di ordinaria, di derogare, anche non espressamente, alle disposizioni contenute nello Statuto. Da un punto di vista operativo, le imprese appaltatrici o affidatarie o subappaltatrici che intendano disapplicare la nuova disciplina dovranno dimostrare al committente, allegando un’apposita certificazione, il possesso congiunto di un serie di requisiti di affidabilità fiscale.

In primo luogo, l’impresa, oltre ad essere in attività da almeno tre anni, deve essere in regola con gli obblighi dichiarativi e deve aver effettuato, nei periodi d’imposta a cui si riferiscono le dichiarazioni dei redditi presentate nell’ultimo triennio, complessivi versamenti nel conto fiscale per un importo non inferiore al 10 per cento dell’ammontare dei ricavi o compensi risultanti dalle dichiarazioni. In secondo luogo, l’impresa non deve avere a proprio carico iscrizioni a ruolo o accertamenti esecutivi o avvisi di addebito affidati agli agenti della riscossione relativi alle imposte sui redditi, all’Irap, alle ritenute e ai contributi previdenziali per importi superiori a 50mila euro per i quali i termini di pagamento siano scaduti e «siano ancora dovuti pagamenti o non siano in essere provvedimenti di sospensione».

Dall’analisi dei requisiti di «tax compliance» che l’impresa appaltatrice deve dimostrare al committente al fine di disapplicare la nuova disciplina, non risulta ostativo alla disapplicazione della stessa la sussistenza, ad esempio, di un avviso di accertamento emesso ai soli fini Iva, superiore a 50mila euro, anche se definitivo e non pagato. Non rilevano, inoltre, ai fini della disciplina in commento, eventuali pendenze relative agli altri tributi non espressamente menzionati nel nuovo articolo 17-bis, comma 5, del Dlgs 241 del 1997.

La certificazione dell’affidabilità fiscale dell’impresa, ai fini della disapplicazione delle nuove disposizioni, sarà rilasciata dall’agenzia delle Entrate e avrà una validità di quattro mesi. Per l’emissione della certificazione, che costituisce una novità anche per l’Agenzia stessa, vi sono una serie di dubbi interpretativi da sciogliere, tra cui, ad esempio, quello relativo alla rilevanza o meno, ai fini del superamento della suddetta soglia del 10 per cento, dei versamenti eseguiti, in base alle vigenti disposizioni di legge, da altri soggetti, in luogo del contribuente che richiede la certificazione. Si pensi, a titolo di esempio, al consolidato fiscale, allo split payment, al gruppo Iva e alle ritenute che le imprese di costruzione subiscono all’atto della ricezione dei pagamenti nell’ambito dei lavori di ristrutturazione che beneficiano dei bonus fiscali. A ciò si aggiunga il fatto che la certificazione in questione dovrebbe essere rilasciata in un arco temporale molto ristretto, ossia in tempo utile per la scadenza del 17 febbraio.

Al momento, una «soluzione interpretativa ponte», basata sull’applicazione dell’articolo 3, comma 2, dello Statuto, che preveda lo slittamento in avanti di uno o due mesi dell’entrata in vigore delle nuove norme, potrebbe essere la scelta migliore, considerati, inoltre, i numerosi dubbi interpretativi in capo ai committenti, che rivestono un ruolo molto importante nell’ambito dell’applicazione delle nuove disposizioni.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©