Imposte

Il reverse charge prevale sul rappresentante fiscale

di Anna Abagnale e Benedetto Santacroce

Il reverse charge prevale sull’identificazione diretta e sul rappresentante fiscale. Inoltre, in caso di reverse charge oggettivo (cessione rottami) l’assolvimento dell’imposta deve obbligatoriamente avvenire a carico del cessionario, anche nel caso in cui quest’ultimo non sia residente.

Queste sono le conclusioni a cui arriva l’agenzia delle Entrate con la risposta pubblicata ieri (n. 11 del 2020).

Primo importante principio ribadito dalle Entrate e non sempre attuato dai contribuenti è che la norma sull’inversione contabile di cui all’articolo 17, comma 2, del Dpr 633/1972 che individua il soggetto tenuto al versamento dell’imposta, ovvero chi è obbligato in concreto al versamento dell’Iva, non può essere rimessa alle scelte dell’operatore non residente. Già dalla lettura della norma emerge che, in riferimento ad un’operazione territorialmente rilevante in Italia resa dal cedente/prestatore non residente (soggetto passivo non stabilito in Italia), l’imposta è assolta dal cessionario/committente italiano. Traendo la sua essenza dall’articolo 194 della Direttiva 2006/112/CE, tale principio non è scalfito dal fatto che il soggetto passivo estero abbia un proprio identificativo Iva in Italia. Pertanto, qualora il fornitore sia un soggetto extraUe, il contribuente italiano emette un’autofattura; se il fornitore è, invece, un soggetto Ue, il soggetto passivo italiano che riceve i beni o i servizi andrà ad integrare la fattura senza Iva emessa dal soggetto Ue annotandola nei registri acquisti e vendite.

La disciplina cambia se cambiano le circostanze. Se, oltre al cedente/prestatore, anche il cessionario/committente è un soggetto non stabilito in Italia, il reverse charge non è più applicabile. Il fornitore sarà tenuto agli obblighi di fatturazione e versamento tramite il proprio numero di identificazione diretta, o in alternativa tramite il proprio rappresentante fiscale.

Un ultimo passaggio delle Entrate si riferisce alle fattispecie di reverse charge «oggettivo». Esiste una serie di operazioni che rientrano nel perimetro dell’inversione contabile per la propria natura. Nel caso specifico, trattandosi di operazioni di cui all’articolo 74, comma 7, del Dpr 633/1972 (cessioni di rottami), l’Agenzia conclude che l’imposta dovrebbe essere assolta dal cessionario in ogni caso, sia se soggetto passivo Iva nel territorio dello Stato sia se si tratti di un non residente con l’obbligo, in quest’ultima ipotesi, di identificarsi o nominare un rappresentante fiscale. Un’interpretazione questa che sebbene sembrerebbe andare un po’ oltre il testo dell’articolo 74, comma 7 per cui «al pagamento dell’imposta è tenuto il cessionario, se soggetto passivo nel territorio dello Stato», è stata già validata dalla prassi con la risoluzione 28/E/2012. In quest’ultimo documento, riguardo alle cessioni di rottami, le Entrate considerano debitore d’imposta il cessionario soggetto passivo, anche se non ha sede né stabile organizzazione in Italia, indipendentemente dal fatto che il soggetto passivo cedente abbia sede, stabile organizzazione o sia identificato in Italia.

Tornando all’interpretazione dell’articolo 17 DPR 633/1972, si sottolinea che la soluzione al quesito conferma come l’Italia applichi, a differenza di altri Stati europei (tra tutti si ricordi il caso della Francia, Corte Ue sentenza 15 dicembre 2011, causa C-624/10), in modo corretto il reverse charge.

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