Professione

Entrate ancora senza nomine e slitta anche il concorso per dirigenti

di Marco Mobili e Giovanni Parente

Ancora una fumata nera per la nomina del direttore delle Entrate, delle Dogane e del Demanio. Continuano i veti incrociati della politica soprattutto sul futuro numero uno delle Entrate e dunque con lo stallo sulla governance dell’amministrazione finanziaria. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri rinviano il dossier spinoso sulle nomine a un altro Consiglio dei ministri. Serve tempo all’Esecutivo e ai partiti di maggioranza per trovare una quadra e il Cdm in programma oggi non prevede, salvo cambi di rotta dell’ultima ora, lo sblocco.

Eppure a preoccupare sono soprattutto le nuvole che si stanno addensando sulle Dogane, in particolare per la gestione e la messa a punto di procedure condivise tra strutture tecniche e politiche per fronteggiare la Brexit. C’è da sostenere le imprese che si troveranno di fronte a tutta una serie di vincoli e adempimenti sull’export che con l’appartenenza del Regno Unito alla Ue non esistevano. Ragioni che imporrebbero al Governo un’accelerazione per la nomina di un direttore saldamente in sella. Tanto più che la manovra 2020 chiede nel complesso alla componente Dogane di contribuire per oltre un miliardo di gettito dal contrasto alle frodi e a quella Monopoli per 1,2 miliardi in più tra aumenti dei controlli sul gioco illegale e gestione dei nuovi aumenti d’imposta per slot e vincite.

Un’impasse che rischia di bloccare anche tutta l’attività delle Entrate. Qui oltre alla mancata nomina del direttore, con il ruolo ricoperto dal vicario Aldo Polito che a fine mese però andrà in pensione, è scoppiato anche il caso delle figure di capoteam. Si tratta di quei funzionari che ricoprono ruoli di coordinamento in attività di grande impatto sulla gestione dei servizi a contribuenti e imprese, come ad esempio l’erogazione dei rimborsi o il presidio delle conservatorie dei registri immobiliari (si veda Il Quotidiano del Fisco del 7 gennaio).

Ma tutta la struttura è messa a dura prova dalla mancanza di figure dirigenziali. La fine del 2019 sembrava aver segnato lo sblocco dei concorsi, dopo una lunga serie di querelle nelle aule della giustizia amministrativa. Le prospettive - messe nero su bianco nella convenzione con il Mef siglata solo a novembre scorso - erano che le assunzioni potessero avvenire nel 2020 sia per il concorso (riavviato) a 175 posti sia per la nuova selezione per 150 posti destinati ad attività operative di gestione, riscossione e contenzioso e per 10 destinati ai servizi catastali. È di ieri, però, l’avviso che il diario e la sede d’esame per lo svolgimento della prova scritta per il concorso riservato a queste 160 posizioni saranno resi noti solo il 15 maggio. Anche se fosse rispettato questo termine, poi dovrebbero essere corrette le prove e si dovrebbe procedere agli orali per i candidati ammessi. Un iter che lascia presagire come, seppure non ci fossero altri intoppi, difficilmente i nuovi dirigenti potrebbero entrare in servizio per quest’anno.

Senza dimenticare che anche sui quadri, le cosiddette Poer (posizioni organizzative a elevata responsabilità), il 25 febbraio potrebbe abbattersi la scure della Corte costituzionale. La macchina del Fisco è sempre più in panne.

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