Professione

In Italia gli autonomi sono il 21%, la metà per scelta

di Adriano Lovera

L’Italia è la patria europea del lavoro autonomo. Oltre 5 milioni di persone, il 21% degli occupati, un dato superato solo dal 29% della Grecia, a fronte di una media Ue del 14,3 per cento. Lo dice il recente studio “Il lavoro autonomo in Italia” redatto dalla Fondazione studi consulenti del lavoro. Di questi 5 milioni, circa 1,4 sono professionisti iscritti agli Ordini, cui vanno aggiunti altri 400mila lavoratori delle professioni non ordinistiche. E dire che prima erano anche di più, il 23,4% sul totale nel 2009, ma negli ultimi dieci anni in tutto il continente si è assistito a una contrazione (meno 5% circa) a favore di una crescita del lavoro dipendente (+7 per cento). Un dato, però, che riguarda anche artigiani e imprenditori. Perché nello specifico delle libere professioni, segnala il rapporto Confprofessioni 2019, i lavoratori invece sono aumentati del 17% tra 2011 e 2018, con autentiche esplosioni nell’area medico-sanitaria (+53%) e scientifica (+38 per cento).

Quali sono opportunità e limiti di questa modalità? Lo studio della Fondazione mette in luce un dato interessante: l’autonomia è una scelta. Infatti in Italia solo il 10,4%, in perfetta media europea, afferma di essere autonomo «perché non ha trovato un’alternativa da dipendente». Piuttosto contano altri fattori: aver trovato una buona opportunità (39%) o proseguire un’attività di famiglia (24,2%), un dato, quest’ultimo, più alto della media Ue del 15,8%, e che conferma la tendenza italiana al passaggio generazionale, ben radicata tra gli studi legali o tributari. L’Italia, però, sempre dietro la Grecia, è il Paese dove più di tutti gli autonomi lamentano difficoltà: per il carico burocratico, i periodi prolungati di assenza di clienti e il ritardo dei pagamenti.

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