Controlli e liti

La Bce: l’antiriciclaggio non si fa con freni al contante

di Valerio Vallefuoco

La Bce ha espresso un parere contrario alle limitazioni all’utilizzo del denaro contante in Italia, considerandole sproporzionate e non linea con le normative europee (si veda «Il Sole 24 Ore» del 16 gennaio). I tempi stretti di conversione del Dl fiscale non hanno consentito al legislatore di consultare la Bce per ottenere il parere prima che il decreto divenisse legge. Eppure il coinvolgimento della Bce era stato sollecitato con una comunicazione ufficiale del 13 dicembre 2019, indirizzata ai Presidenti di Camera e Senato e al Mef. Si stabiliscono nuove soglie per i pagamenti in contanti, fissando il limite a 2mila euro dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021, per poi ridurlo a mille euro a partire dal 2022. A livello Ue non esiste una politica comune in materia di limiti all’uso del contante, nondimeno la loro introduzione in uno Stato membro non potrebbe prescindere, secondo la Bce, da una interpretazione del diritto Ue al fine di stabilire le condizioni cui la limitazione deve conformarsi.

In base alla raccomandazione della Commissione 2010/191/Ue il pagamento in contanti deve costituire la norma anche se si ammette che il contante possa essere rifiutato per motivi connessi al principio di buona fede. In generale, rileva la Bce, eventuali limitazioni al pagamento in banconote o monete metalliche per motivi d’interesse pubblico non sono incompatibili con il corso legale delle banconote e delle monete metalliche in euro, ma è necessario non solo che esistano altri mezzi legali di estinzione dei debiti pecuniari ma questi mezzi alternativi debbono essere disponibili in tutti gli strati della società, a costi comparabili con i pagamenti in contanti.

Occorrerebbe poi dimostrare fino a che punto la scelta di introdurre per legge dei limiti all’uso del contante sia efficace in vista del conseguimento della finalità, ponderandone la convenienza a fronte dei benefici pubblici previsti. Si tratterebbe, in altri termini, di verificare se i vantaggi di una limitazione dell’uso del contante siano superiori alle possibili ripercussioni negative. Queste ultime sono soprattutto legate al fatto che gli strumenti di pagamento diversi dal contante non solo hanno un costo perché richiedono apposite infrastrutture tecniche, ma presentano anche un costo sociale in quanto non agevolano il controllo della spesa da parte di chi paga né l’inclusione dell’intera popolazione nell’economia. Si tratterebbe, dunque, raccomanda la Bce, di stabilire soglie ai pagamenti in contanti proporzionate agli obiettivi.

Il requisito della proporzionalità sembra difettare nell’attuale legislazione tenuto conto che secondo la Bce i limiti risultano sproporzionati anche rispetto alla legislazione antiriciclaggio che prevede l’adeguata verifica della clientela e l’eventuale segnalazine soltanto nei casi in cui si effettuano o accettano pagamenti in contanti di importo pari o superiore a 10mila euro. I molteplici risvolti legati alla nuova graduale riduzione dei limiti all’uso del contante avrebbe dunque richiesto una riflessione in più che i termini stringenti della conversione in legge del decreto fiscale non hanno consentito. Pertanto qualora non venisse adeguata la legislazione attuale al parere della Bce si potrebbe profilare una infrazione al diritto europeo e comunque si potrebbe aprire un fronte di contenzioso rilevante da parte di tutti coloro che, sanzionati per il superamento dei limiti, ritenessero di dover eccepire il contrasto con i principi e le norme del diritto Ue.

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