Imposte

Verifiche severe sui conferimenti esteri di terzi

di Alessandro Germani

Un altro filone relativo all’Ace, rispetto al quale si segnalano parecchie pronunce recenti dell’agenzia delle Entrate, è quello relativo alla disapplicazione delle disposizioni antielusive in presenza di conferimenti in denaro da soggetti domiciliati in paradisi fiscali. La norma di riferimento è contenuta nell’articolo 10 comma 4 del Dm 3 agosto 2017, in base al quale la variazione in aumento è ridotta dei conferimenti in denaro provenienti da soggetti diversi da quelli domiciliati in Stati o territori che consentono un adeguato scambio di informazioni, anche se non appartenenti al gruppo.

Questo significa quindi che la verifica va fatta anche nel caso in cui i fondi provengano da entità terze, rilevando l’origine. La norma poi prevede che l’indagine effettuata dal contribuente sulla provenienza dei conferimenti, in presenza:

di una società quotata nella compagine sociale, in relazione ai soci della predetta società quotata è operata avendo riguardo esclusivamente ai controllanti in base ai requisiti di cui all’articolo 2359 del Codice civile;

di un fondo di investimento regolamentato e localizzato in Stati o territori che consentono un adeguato scambio di informazioni non è operata in relazione ai sottoscrittori del fondo medesimo.

Il principio 14 del 30 novembre 2018 ha chiarito che in presenza di conferimenti da soggetti non white list occorre ricorrere all’approccio look through (circolare 21/E/15 paragrafo 3.10) risalendo l’intera catena per dimostrare nella sostanza (con rendiconti, documentazione societaria, contratti di ogni tipo) che i fondi derivano, in ultima analisi, da soggetti white list. Tanto il principio quanto la risposta 88 del 3 dicembre 2018, che richiama la relazione illustrativa al decreto Ace del 3 agosto 2017 che individua i Paesi che consentono lo scambio di informazioni attraverso la lista di cui all’articolo 6 comma 1 Dlgs 239/96, fanno riferimento alla data di esecuzione del conferimento per la verifica della natura del socio.

Sulla stessa falsariga è la risposta 17 del 30 gennaio 2019, che ha riguardato un’operazione di private equity in cui una società italiana ha ricevuto un conferimento a titolo di capitale e una rinuncia a crediti di finanziamento chiedendo la disapplicazione del citato articolo 10 comma 4.

Nella fattispecie poiché i fondi di investimento, localizzati nello Stato di Guernesey, non sono fondi regolamentati, l’Agenzia afferma che non è applicabile il più lieve onere probatorio previsto dalla norma in questione. Ma a quel punto si può operare con l’approccio look through per dimostrare che non ci sono stati effetti duplicativi.

Dello stesso tenore è anche la risposta 21 del 1° febbraio 2019 in cui l’istante richiede la disapplicazione della medesima fattispecie a fronte di un conferimento ricevuto. Poiché nel caso specifico la compagine sociale è composta da società svizzere (residenti in uno Stato con cui è attuabile lo scambio di informazioni a seguito del Dm 9 agosto 2016) ed entità Ue, non si ravvisano soggetti black listed e quindi, in assenza nei fatti di duplicazione, la disapplicazione è accordata. Di tenore simile è anche la risposta 58 del 18 febbraio 2019 nella quale il fondo, pur essendo residente in uno Stato white list, non è regolamentato motivo per cui si rende necessario ottenere la disapplicazione ricorrendo all’onere probatorio meno lieve proprio dell’approccio look through.

Tutte queste situazioni di conferimenti provenienti dall’estero sembrano ormai chiare grazie alle citate pronunce.

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