Imposte

FISCO E AGRICOLTURA/Per le colture arboree pluriennali introdotta un’agevolazione difficile da applicare

di Gian Paolo Tosoni

La legge di bilancio per l’anno 2020, n. 160/2019, articolo 1, comma 509, introduce una maggiorazione del costo pluriennale delle colture arboree pluriennali pari al 20% e questo comporta la maggiorazione della quota deducibile in ciascun esercizio. La maggiorazione si applica nel triennio 2020/2022; in base al dato letterale della norma la deduzione compete nei predetti periodi di imposta.
La agevolazione riguarda i nuovi impianti di colture arboree pluriennali e comprende le piante da frutto, le viti ma anche piantumazioni effettuate per ragioni ambientali da imprese industriali. Infatti la norma non è riservata alle attività agricole.
Le piante, diverse da quelle destinate alla produzione del legno come i pioppeti, sono considerate fiscalmente spese pluriennali in quanto non sono comprese nel decreto ministeriale 31 dicembre 1988 che detta le percentuali di ammortamento dei beni ammortizzabili.
Pertanto le piante sono considerate spese pluriennali ai sensi dell’articolo 108 del Dpr 917/86 ed il costo si deduce nel limite della quota imputabile a ciascun esercizio (circolare ministeriale n. 11 del 10 aprile 1991). L’agevolazione è ovviamente riservata alle imprese che determinano il reddito in base al bilancio e quindi possono dedurre gli ammortamenti.
La maggiorazione del 20% del costo introdotta dalla legge n. 160/2019 si applica ai fini della determinazione della quota deducibile per i nuovi investimenti. Questa maggiorazione è prevista per il triennio 2020/2022, ed in base al dato letterale della norma si deve ritenere che la piantumazione debba avvenire in questo triennio per poter soddisfare il requisito della novità.
La norma prevede che la maggiorazione e prevista ai soli fini della determinazione della quota deducibile negli esercizi 2020, 2021 e 2022.
Quindi la normativa, certamente involontariamente, crea una situazione che rende inapplicabile in molti casi la agevolazione. Infatti le piante da frutto e le viti, che sono le maggiori destinatarie della maggiorazione richiedono almeno tre anni per entrare in produzione. Proprio la citata circolare n. 10/1991 precisa che i costi pluriennali devono essere capitalizzati fino a quanto le predette spese pluriennali entrano in produzione e quindi producendo reddito legittimano la deduzione delle quote di costo imputabili all’esercizio.
Ad esempio un vitigno viene piantato capitalizzando tutti i costi e la deduzione delle quote di ammortamento decorre dal primo anno di produzione dell’uva per il periodo di produzione, ad esempio, venti anni.
Quindi la maggiorazione del 20% prevista per il triennio 2020/2022 coincide con un triennio in cui non è fiscalmente ammesso imputare la quota di costo in quanto le piante non producono reddito.
Una soluzione empirica per non perdere la agevolazione può essere quella di maggiorare il costo del 20% per tre anni e capitalizzarlo. Ad esempio, se un impianto di un vigneto ha un costo di 100.000 euro, ammortizzabile in 20 anni e quindi per 5.000 euro all’anno, si aumenta il costo di acquisto del 20% quindi di 1.000 euro per tre anni; ne consegue che il costo di 100.000 diventa di 103.000 e comincia ad essere ammortizzato quando entra in produzione.
L’agevolazione, invece, può essere applicata per le piantagioni che hanno una funzione strumentale ma non sono produttive. Ad esempio, la recinzione di una azienda industriale o una azienda zootecnica viene realizzata anche con dei filari di piante ad alto fusto. Questi arbusti svolgono immediatamente la loro funzione di attutire i rumori o gli odori e quindi l’ammortamento può essere immediato con la maggiorazione del 20% per tre anni fino al 2022.

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