Imposte

Finanziamenti delle Pmi, oneri di transazione al valore nominale

di Gianluca Cristofori

Gli oneri di transazione sostenuti per ottenere un finanziamento, iscritti al valore nominale nella voce “C17) Interessi e altri oneri finanziari”, in deroga al criterio del costo ammortizzato e dell’attualizzazione, non soggiacciono ai limiti di deducibilità previsti dall’articolo 96 del Tuir.

Ai fini Irap, invece, tale allocazione contabile ne determina l’indeducibilità, ove la relativa base imponibile non comprenda anche le componenti finanziarie del conto economico.

A queste conclusioni giunge la norma di comportamento n. 207 dell’Aidc. Si tratta di una questione di diffusa rilevanza, tanto per le società di capitali che redigono il bilancio in forma abbreviata e per le micro-imprese – che hanno facoltà di iscrivere i debiti al valore nominale, in deroga all’articolo 2426, comma 1, n. 8), del Codice civile, il quale ne imporrebbe invece la rilevazione secondo il criterio del costo ammortizzato e dell’attualizzazione - quanto per le società di maggiori dimensioni, che hanno medesima facoltà quando non risulti in tal modo compromessa la rappresentazione veritiera e corretta.

In tali circostanze, infatti, come previsto dal Principio contabile Oic 19, i costi di transazione sono allocati nella voce “C17)” e oggetto di risconto attivo, gravando sul conto economico attraverso una ripartizione lineare lungo la durata del prestito.

Agli effetti fiscali, l’allocazione contabile non assume rilevanza ai fini dell’applicazione dell’articolo 96 del Tuir. Alla luce, infatti, delle modifiche normative introdotte con il recepimento della cosiddetta “Direttiva Atad” i limiti alla deducibilità previsti dall’articolo 96 del Tuir si applicano agli interessi passivi solo se, derivando da un’operazione o da un rapporto contrattuale aventi causa finanziaria, oppure da un rapporto contrattuale contenente una componente di finanziamento significativa, siano qualificati come tali dai principi contabili adottati dall’impresa (primo requisito) e ove tale qualificazione sia confermata anche dalle disposizioni fiscali di attuazione del cosiddetto principio di derivazione rafforzata (secondo requisito).

In particolare, per quanto riguarda le micro-imprese e i soggetti assimilati (imprese Irpef), il secondo requisito non è mai verificato. Per le società che redigono il bilancio in forma abbreviata, invece, l’allocazione degli oneri di transazione nella voce “C17)” non è accompagnata anche dalla “trasformazione” degli stessi in interessi passivi sulla base del principio di derivazione rafforzata. Ciò in quanto la determinazione degli interessi non è frutto del procedimento di “finanziarizzazione” dei costi di transazione, quale declinazione concreta del principio di rappresentazione sostanziale, con la conseguenza che questi ultimi non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 96 del Tuir per carenza del secondo dei requisiti (concorrenti) ivi previsti.

Tali conclusioni sono applicabili anche alle società che redigono il bilancio in forma “estesa”, laddove deroghino, legittimamente, all’obbligo di applicazione del criterio del costo ammortizzato e dell’attualizzazione, invocando il cosiddetto “principio di rilevanza” di cui all’articolo 2423, comma 4, del Codice civile.

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