Imposte

Nelle non quotate affrancamenti con imposta dell’11%

di Giorgio Gavelli e Gian Paolo Tosoni

Nuova chanche (ma più “salata” per i soci non qualificati) per l’affrancamento di valore delle partecipazioni (non quotate) possedute al 1° gennaio 2020 e al di fuori del regime d’impresa da parte di persone fisiche, società semplici ed enti non commerciali.

Tale opportunità, originariamente disciplinata dall’articolo 5 della legge n. 448/2001, è stata nuovamente riproposta dall’articolo 1, commi 693 e 694, della legge n. 160/2019 (Bilancio 2020) e permette ai contribuenti di ottenere, con il versamento di una imposta sostitutiva dell’11%, la “liberazione” dall’imposta sui redditi gravante sull’eventuale plusvalenza del valore riportato da una perizia giurata di stima redatta da soggetti qualificati.

Tanto il versamento della prima (o unica rata) dell’imposta sostitutiva, quanto l’asseverazione della perizia di stima, deve avvenire entro il prossimo 30 giugno.

I calcoli da fare

I ragionamenti degli ultimi anni vanno aggiornati alla luce delle modifiche normative. In primo luogo, l’imposta sostitutiva (da calcolarsi sul valore proporzionale a quello del patrimonio sociale determinato con la perizia asseverata) è passata dalla duplice aliquota in vigore nel 2019 (10% per le partecipazioni non qualificate e 11% per quelle qualificate) all’unica aliquota indistinta dell’11 per cento. Ciò è comprensibile, se si pone mente al fatto che, dal 1° gennaio 2019, l’imposizione ordinaria sui capital gain, per effetto dell’articolo 1, commi 999 e seguenti, della legge n. 205/2017, è stata unificata per tutte le partecipazioni cedute da soggetti non in regime d’impresa, prevedendo un prelievo (a sua volta sostitutivo) del 26% della plusvalenza.

Tradotto in termini di calcoli di convenienza, la sostitutiva offerta dalla Manovra 2020 “premia” il contribuente (al di là dei costi di perizia) rispetto al regime ordinario tutte le volte in cui l’11% del valore della partecipazione si mantiene inferiore al 26% della plusvalenza che esso determina rispetto al costo fiscalmente riconosciuto.

Come per le aree, anche per le partecipazioni, secondo la Corte di cassazione (da ultimo, sentenza n. 10298/2019), agli eredi non è consentito chiedere a rimborso l’imposta sostitutiva versata dal de cuius (divenuta inefficace poiché per gli eredi il valore fiscalmente riconosciuto è quello dichiarato in successione).

Inoltre, non è consentito al medesimo contribuente revocare la scelta per l’affrancamento anche in caso di mancato pagamento (Cass. n. 21049/2018). Per cui, all’atto del versamento dell’imposta sostitutiva, è opportuno che il progetto di cessione sia abbastanza avanzato.

Le operazioni da evitare

Poiché l’affrancamento di valore è finalizzato ad evitare (o, quanto meno, a ridurre) il capital gain maturato in occasione della cessione delle partecipazioni (o altro atto fiscalmente riconducibile, quali il conferimento, la permuta, etc.), mentre non ha efficacia qualora il provento ottenuto dal contribuente assuma natura di reddito di capitale (Circolare n. 12/E/2002), le operazioni poste in essere dai contribuenti sono attenzionate dall’agenzia delle Entrate per individuare ipotesi di presunta interposizione fittizia o di abuso del diritto (si veda il Sole 24 Ore del 13 maggio 2019).

L’obiettivo è quello di colpire chi ha simulato una cessione per incassare dividendi con una imposizione minore.

Come spesso accade quando i principi non sono chiari, fioccano anche le istanze di interpello e le relative risposte, a dire il vero faticosamente riconducibili ad un disegno unitario (si vedano le risposte n. 537/2019, 341/2019 e il principio di diritto n. 20/2019).

Versamento rateizzato

La proroga conferma la possibilità di eseguire il versamento dell’imposta in tre rate annuali di pari importo scadenti entro il 30 giugno, rispettivamente, del 2020, 2021 e 2022, le ultime due maggiorate degli interessi del 3% annuo, a partire dalla scadenza della prima rata.

In considerazione dei tassi di mercato (e della riduzione del tasso legale allo 0,05% - Decreto del ministero dell’Economia e delle Finanze del 12 dicembre) sarebbe stato opportuno rivedere al ribasso tale onere.

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