Imposte

FISCO E AGRICOLTURA/Imprese florovivaistiche, spazio all’attività commerciale

di Gian Paolo Tosoni

La possibilità di svolgere un minimo di attività commerciale da parte delle imprese florovivaistiche rappresenta un’apprezzabile opportunità. Ci riferiamo al comma 225 della legge 160/2019 che aggiunge all’articolo 56-bis del Tuir, il comma 3 bis riguardante il commercio di piante e fiori, acquistati da altri florovivaisti, nei limiti del 10% del volume d’affari. Il reddito viene determinato nella misura del 5% dei relativi ricavi.

In primo luogo è importante la collocazione della nuova norma nell’articolo 56-bis che ha come rubrica le «altre attività agricole» che sono in particolare quelle connesse. La circolare dell’agenzia delle Entrate aveva escluso dall’applicazione del reddito agrario la mera commercializzazione di prodotti agricoli senza che vi fosse stato un processo di manipolazione e trasformazione (circolare 44/E/2004).

Ciò tuttavia non toglie che le sola commercializzazione di prodotti agricoli allo stato originario non sia considerata connessa ai fini civilistici e la conferma viene proprio dalla legge di bilancio che colloca la rivendita di prodotti agricoli fra le attività connesse.
Questo significa che la commercializzazione di prodotti agricoli da parte di un produttore agricolo, ovviamente rispettando il principio della prevalenza ed il settore merceologico, può essere eseguita anche da una società semplice ed il punto vendita può essere situato anche in zona agricola senza infrangere le norme urbanistiche.

La nuova disposizione fa riferimento al volume d’affari fissando il limite quantitativo nella misura del 10%. Pur in assenza di una indicazione nel testo normativo si ritiene che il volume d’affari debba essere solo quello relativo alla attività florovivaistica escludendo le altre cessioni (cereali, animali, frutta ed ortaggi, eccetera) eventualmente effettuate dal medesimo produttore agricolo.

Nel volume d’affari a nostro parere, si devono considerare le cessioni di piante e fiori e le prestazioni di servizi con l’ utilizzo prevalente di attrezzature impiegate nella attività florovivaistica. Il volume d’affari a nostro parere deve essere quello del periodo di imposta considerato e non quello dell’anno precedente, anche perché le piante e fiori acquistati devono completare la produzione propria e sarebbe quindi anomalo fare riferimento a quella dell’anno precedente.

Ove a consuntivo risultasse che gli acquisti di merce commercializzata avessero superato il dieci per cento del volume d’affari, la parte eccedente deve essere tassata a bilancio facendo la differenza tra i costi ed i ricavi. In ogni caso l’impresa agricola florovivaistica deve tenere una contabilità sezionale per i prodotti commercializzati al fine di verificare l’ammontare degli acquisti ed i ricavi conseguiti con la rivendita.

Sorge il dubbio in ordine all’ambito soggettivo e cioè se la tassazione forfetaria nella misura del 5% dei ricavi conseguiti sia limitata alle persone fisiche e società semplici o invece se sia applicabile anche alle altre società agricole (Srl, Snc e Sas), che abbiano optato per la tassazione in base al reddito agrario ai sensi del comma 1093 della legge n. 266/2006.

L’estensione a tutte le società agricole potrebbe essere giustificata dalla circostanza che l’articolo 56 bis del Tuir non è stato coordinato ed oggi si legge al quarto comma che le società commerciali non possono applicare i regimi forfetari introdotti dal medesimo articolo senza ovviamente richiamare il nuovo comma tre bis.

A nostro avviso però il nuovo regime forfetario non può essere esteso anche alle società’diverse dalla società semplice che hanno optato per il reddito agrario, in quanto lo esclude l’articolo 3, del decreto n. 213 del 27 settembre 2007, attuativo del regime di opzione per il reddito agrario, il quale dispone che le attività che eccedono il reddito agrario all’articolo 32 del Tuir vanno tassate a bilancio.

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