Controlli e liti

Rimborso Iva, stop al doppio giudizio sul diniego

di Marcello Maria De Vito

È inammissibile, per violazione del principio del ne bis in idem, il ricorso che riguarda la stessa materia del contendere già oggetto di distinto giudizio. Comunque, per ottenere il rimborso del credito Iva, l’importo deve essere annotato nel quadro, rigo e colonna che nella dichiarazione annuale deve essere compilato con l’indicazione delle somme chieste a rimborso. Sono questi i principi statuiti dalla Ctp Milano con la sentenza 4261/3/2019 (presidente Cortese, relatore Chiametti).

La vicenda, molto articolata, vede la luce nel 2013 quando il liquidatore di una società presentava un’istanza di rimborso di un credito Iva. L’agenzia delle Entrate prima richiedeva documenti giustificativi e poi opponeva il silenzio-rifiuto per decorso del termine biennale di decadenza ex articolo 21 del Dlgs 546/92. La società impugnava, nel 2017, il silenzio-rifiuto ottenendo sentenza favorevole. L’Agenzia, quindi, rimborsava il credito in via provvisoria e impugnava la decisione. La Ctr, nel 2018, accoglieva l’appello dichiarando l’inammissibilità del ricorso per difetto di delega del liquidatore. A seguito della sentenza, l’amministrazione finanziaria notificava la cartella di pagamento per il recupero del credito rimborsato in via provvisoria. Poiché la società nel frattempo veniva cancellata dal registro imprese, la cartella veniva pagata, in forma rateale, da parte degli ex soci, i quali, inoltre, ricorrevano per Cassazione. Gli ex soci, ritenendo non ancora decorso il termine decennale di prescrizione, nel 2018, proponevano una seconda istanza di rimborso. Nell’istanza rappresentavano che il credito era stato indicato in dichiarazione, ma che, per un banale errore, era stato esposto nella casella credito in detrazione o in compensazione, anziché in quella relativa al rimborso. Le Entrate opponevano un secondo silenzio-rifiuto, che veniva nuovamente impugnato dagli ex soci avanti la Ctp. I ricorrenti evidenziavano che il rimborso spetta in ogni caso ai soggetti che cessano l’attività, indipendentemente dalla commissione di errori materiali. L’ufficio resisteva, eccependo l’inammissibilità del ricorso per due motivi. Il primo riguardava la violazione del ne bis in idem, poiché il ricorso riguardava la stessa la materia del contendere oggetto del giudizio conclusosi con la sentenza della Ctr. Il secondo motivo concerneva la mancanza dell’oggetto della domanda. Il credito Iva, infatti, era stato rimborsato in via provvisoria dopo la sentenza della Ctp, ma non ancora restituito dalla società dopo la sentenza della Ctr.

La Ctp osserva che il principio del ne bis in idem trova fondamento nella necessità di non giungere a conclusioni diverse con riguardo alla medesima fattispecie. Poichè la materia del contendere è la stessa di quella oggetto del giudizio sul quale si è pronunciata la Ctr, il ricorso è inammissibile. Sul punto, la Ctp cita l’ordinanza 19731/15 della Suprema corte. Il collegio osserva altresì che manca l’oggetto della domanda. Sarebbe, infatti, apodittico ammettere la possibilità di chiedere il rimborso di somme già erogate dall’ufficio, ma non ancora restituite dal contribuente. Anche per tale motivo il ricorso è inammissibile.

La Ctp entra anche nel merito della vicenda e afferma che il rigetto dell’istanza di rimborso è comunque fondato. Il Collegio, infatti, ricorda che secondo la giurisprudenza di legittimità (Cassazione 6986/2014), il contribuente per ottenere il rimborso deve indicare l’importo richiesto nel quadro, nel rigo e nella colonna che la dichiarazione prevede per le somme chieste a rimborso.

Ctp Milano 4261/3/2019

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