Controlli e liti

Riacquisto della prima casa con trasferimento della residenza entro un anno

di Alessandro Borgoglio


Decade dall’agevolazione «prima casa» il contribuente che, in caso di cessione infraquinquennale, riacquisti un nuovo immobile entro un anno dalla vendita del precedente, ma non lo adibisca altresì ad abitazione principale, trasferendovi la residenza anagrafica entro lo stesso termine annuale. È questa l’importante statuizione desumibile dall’ordinanza 30925/2019 della Cassazione, che ribalta taluni precedenti arresti.

Il comma 1, lettera a), della nota II-bis) all’articolo 1 della Tariffa, Parte Prima, allegata al Dpr 131/1986 prevede, tra le condizioni per usufruire dell’agevolazione «prima casa», che l’immobile deve essere ubicato nel territorio del comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza.

Il successivo comma 4 della stessa nota II-bis) dispone, inoltre, che in caso di trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito prima del decorso del termine di cinque anni dalla data di acquisto, sono dovute le imposte in misura ordinaria, sanzioni e interessi, a meno che il contribuente, entro un anno dall’alienazione dell’immobile acquistato con i benefici «prima casa», proceda all’acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale.
Manca, però, nella norma da ultimo riportata un termine entro il quale il contribuente, che riacquisti entro un anno una nuova «prima casa», debba adibire quest’ultima ad abitazione principale, per non perdere l’agevolazione.

In passato, il comma 1 e il comma 4 sopra riportati erano stati congiuntamente interpretati dalla Cassazione, la quale era giunta alla conclusione che l’agevolazione «prima casa» può essere mantenuta solo se l’acquisto sia seguito dalla effettiva realizzazione della destinazione dell’immobile ad abitazione propria, anche in riferimento a ciascuno dei plurimi acquisti che il contribuente possa avere effettuato nell’arco del tempo previsto dalla legge dopo la rivendita dell’immobile originariamente acquistato, in termini tali che per ciascuno degli acquisti intermedi il contribuente sia onerato di dimostrare l’effettiva realizzazione dell’intento, in virtù del concreto trasferimento della propria residenza anagrafica nell’unità abitativa correlata; pertanto, salvi i benefici goduti in riferimento al primo originario acquisto, i benefici richiesti in relazione agli acquisti successivi resteranno acquisiti a condizione che si maturi, entro il termine di mesi 18 dal primo atto di acquisto, la condizione imposta dalla legge in relazione ai successivi atti di acquisto, e cioè la fissazione della residenza anagrafica in uno qualunque degli immobili oggetto di riacquisto dopo la rivendita del precedente (Cassazione 20042/2015).

Con la sentenza qui commentata, invece, la Suprema corte sembra aver assunto un’impostazione più rigida, stabilendo che la previsione del quarto comma della Nota II-bis), relativa al riacquisto della «prima casa» entro un anno dalla cessione infraquinquennale di quella originaria, letteralmente dispone nel senso che l’acquirente debba risiedere anagraficamente proprio nell’abitazione acquistata entro l’anno dalla vendita della precedente «prima casa» (nello stesso senso, Cassazione 13343/2016); mentre, nel caso di specie il contribuente non aveva rispettato detto termine annuale per acquistare la nuova casa e adibirla ad abitazione principale con il trasferimento tempestivo (sempre entro un anno) della residenza anagrafica.

La decisione si pone sulla scia già delineata dalla Cassazione 8847/2015, con cui era stato evidenziato il difetto testuale, contenuto nel quarto comma più volte menzionato, di un apposito termine entro il quale il contribuente è tenuto a fare concreto adempimento dell’onere di adibire il nuovo immobile ad abitazione principale; era stato allora concluso che tale termine non può comunque essere più ampio di quello previsto per i controlli, e quindi al massimo entro la scadenza del triennio dalla registrazione dell’atto.

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