Tra volontari e lavoratori rapporti numerici prefissati
La riforma disciplina anche la figura del volontario, distinguendo l’attività di quest’ultimo dalle prestazioni di lavoro utilizzate dagli Ets. Mentre il primo presta la propria opera a favore della collettività a titolo personale, spontaneo e gratuito, con il solo diritto a vedersi riconosciuto il rimborso delle spese sostenute e documentate, i secondi sono legati all’ente da uno specifico rapporto di lavoro (autonomo, dipendente o di altra natura), per il quale ricevono una retribuzione.
Il nodo della compatibilità
Proprio la gratuità della prestazione fornita è l’elemento chiave per distinguere le due figure, posto che la qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi rapporto di lavoro retribuito con l’ente di cui quest’ultimo è socio o tramite il quale svolge la propria attività (articolo 17, comma 5, del Cts). Non è chiaro quale sia l’estensione di tale incompatibilità. Sul punto, la formulazione della norma è ampia e non pone alcuna distinzione tra i volontari che operano per l’ente in maniera stabile e quelli occasionali, a differenza di quanto previsto per gli obblighi di registrazione a cui sono sottoposti solo i primi (articolo 17, comma 1, Cts). Potrebbe quindi ritenersi che il divieto riguardi tutti i volontari, a prescindere dal carattere occasionale o meno della propria attività.
Del resto, la ratio della disposizione sembra essere collegata alla necessità di qualificare come volontari unicamente coloro che scelgono di fornire la propria prestazione a titolo gratuito, senza alcun vincolo obbligatorio o di altro genere; tutelando, quindi, il lavoratore da possibili abusi legati ad attività che non rispondono alle peculiari caratteristiche dell’azione volontaria. Per alcune tipologie di enti è anche previsto un rapporto numerico da rispettare tra lavoratori e volontari all’interno dell’ente. In particolare, nelle Odv e nelle Aps il numero di lavoratori impiegati nell’attività non può essere superiore al 50% dei volontari o, nelle sole Aps, al 5% degli associati (stando alla bozza del decreto Runts, in questo computo rientrano solo i lavoratori dipendenti e parasubordinati, per cui sarebbero esclusi i lavoratori che percepiscono compensi esenti da imposte e contributi previdenziali ai sensi dell’articolo 67 del Tuir). Nelle imprese sociali, invece, la situazione è invertita in quanto è ammessa la presenza di volontari, ma il loro numero non deve superare quello dei lavoratori.
Le regole sui rimborsi
I volontari hanno diritto a ricevere il rimborso delle spese solo a fronte di una certificazione, accompagnata da documenti idonei a dimostrarne l’effettivo sostenimento e l’inerenza rispetto all’attività svolta dall’ente. Al riguardo, un’eccezione è prevista quando il rimborso è di scarso ammontare, al fine di snellire gli adempimenti connessi ad acquisti di valore contenuto. In particolare, se l’importo non supera i 10 euro giornalieri e i 150 euro mensili, è possibile erogare il rimborso a fronte di una semplice autocertificazione resa dal volontario. In tal caso, spetterà all’organo sociale competente per statuto (assemblea o Cda) individuare le tipologie di spese e le attività di volontariato per le quali viene ammessa questa forma di corresponsione del rimborso.
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