Imposte

Beni strumentali e Industria 4.0, richiesta la «fattura parlante»

di Giorgio Gavelli

Nuovi adempimenti da memorizzare per imprese e professionisti che intendono avvalersi del nuovo credito d’imposta che, dal 1° gennaio scorso, ha sostituito le agevolazioni del super e iper ammortamento. I commi da 184 a 197 dell’articolo 1 della legge 160/19 prevedono la concessione di un credito d’imposta dedicato a chi effettua investimenti in beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato, declinato in misura variabile a seconda del tipo di investimento.

I nuovi adempimenti dalla legge di Bilancio sono due e riguarderanno coloro che dal 1° gennaio scorso effettuano investimenti meritevoli del beneficio, con la sola esclusione di quelli già prenotati entro il 31 dicembre 2019 con il meccanismo della sottoscrizione dell’ordine e del versamento di un acconto almeno pari al 20% (comma 196).

Si tratta:

a) della comunicazione al Mise prevista dal comma 191 (per i soli beni di cui alle tabelle A e B allegate alla legge 232/16);

b) dell’espresso riferimento alla disciplina in esame che deve essere presente nelle fatture e negli altri documenti relativi all’acquisizione dei beni agevolati, ai sensi del secondo periodo del comma 195.

Come per tutte le novità, occorre chiedersi non solo come adempiere correttamente, ma anche quali siano le conseguenze in caso di omissione. Iniziando dalla comunicazione di cui alla lettera a), va subito chiarito che non si tratta né di una “istanza da click day” né di una istanza volta al riparto delle risorse.

Essa, infatti, come stabilisce la stessa norma, viene introdotta «al solo fine di consentire al ministero dello Sviluppo economico di acquisire le informazioni necessarie per valutare l’andamento, la diffusione e l’efficacia delle misure agevolative introdotte». Dovrebbe trattarsi di una unica comunicazione annuale, a consuntivo, poiché si fa espresso riferimento temporale «a ciascun periodo d’imposta agevolabile».

Non facendo la disposizione alcun riferimento a una possibile decadenza del credito d’imposta in caso di omissione, si deve auspicare che il decreto direttoriale del Mise non disponga una simile conseguenza, anche perché, in caso contrario, presterebbe il fianco al fatto che la legge prevede che esso stabilisca «il modello, il contenuto, le modalità e i termini di invio della comunicazione» e non altro.

Al massimo si potrà pensare ad una sanzione di natura formale, applicabile presumibilmente anche all’omessa indicazione del credito a quadro RU, come già previsto dalla circolare 13/E/17 per l’indicazione in dichiarazione del credito d’imposta ricerca e sviluppo.

Più insidiosa dovrebbe essere l’indicazione della disposizione agevolativa nelle fatture e negli «altri documenti relativi all’acquisizione dei beni» (quali?), e ciò non solo perché, con l’invio pressochè generalizzato allo Sdi, l’Agenzia ha immediata contezza di chi ha adempiuto e chi no, ma anche perché spesso il professionista incaricato degli adempimenti dichiarativi riceverà la documentazione dopo che essa è già stata redatta.

L’adempimento richiama alla mente quello che la circolare 41/E/01 pretese per gli investimenti di cui all’articolo 8 della legge 388/00 ma che venne bocciato dalla Corte di cassazione (pronunce 25905/ 2017 e 5137/2014), perché solo la legge può disporre delle decadenze.

Nel comma 195 la revoca del beneficio è prescritta per la “conservazione” della documentazione idonea (tra cui le fatture), aprendo la porta a contestazioni. Meglio essere prudenti e chiedersi se (come si ritiene) lo storno della fattura (nota di credito elettronica) con nuova emissione contenente l’indicazione completa da parte del fornitore entro l’invio della dichiarazione contenente il bonus possa far considerare assolto l’adempimento inizialmente omesso.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©