FISCO E SENTENZE/Le massime di Cassazione: bancarotta, socio in mora, deposito Iva, accertamento e Ires
Non evita la contestazione di bancarotta per dissipazione l’accollo da parte della cessionaria della forza lavoro della fallenda che ha ceduto l’azienda. Non può essere escluso il socio che effettua un versamento parziale delle somme dovute per l’aumento di capitale sottoscritto e la società può soltanto ridurre proporzionalmente il capitale. La destinazione dei beni in un deposito non dichiarato non determina la presunzione della loro cessione occulta se c’è il contratto di comodato per l’uso dei locali. Non costituisce motivo di urgenza per l’emissione dell’avviso di accertamento ante tempus la cancellazione della società dal Registro imprese. Omessa dichiarazione oltre soglia con duplice verifica in ordine al costo dei beni ceduti per la determinazione dell’Ires dovuta e dell’Iva come risultante dalle fatture attive rinvenute. Sono i temi della rassegna delle massime di Cassazione dell’ultima settimana.
Bancarotta per dissipazione anche se la cessionaria si accolla la forza lavoro
Il reato di bancarotta per dissipazione rileva anche quando la cessionaria dell’azienda si accolla la forza lavoro della società cedente poi fallita perché essa ha natura di reato di pericolo concreto a dolo generico. Per essere integrata non necessita, infatti, di uno specifico intento di arrecare un pregiudizio economico ai creditori essendo sufficiente, invece, la consapevolezza della mera possibilità di danno che può derivare alle ragioni creditorie.
● Cassazione, sentenza 1556/2020
Nessuna esclusione per il socio che paga solo in parte l’aumento di capitale
Nel caso di mora con riferimento ai versamenti dovuti alla società per il debito contratto a seguito della sottoscrizione dell’aumento del capitale sociale deliberato dall’assemblea, il socio non può essere escluso se titolare della partecipazione dalla costituzione della società. Questo in quanto, ferma restando la permanenza del socio in società per la quota già posseduta, l’Assemblea dei soci può soltanto deliberare la riduzione del capitale sociale per la misura corrispondente al debito di sottoscrizione derivante dall’aumento non onorato.
● Cassazione, sentenza 1185/2020
Il contratto del deposito Iva non dichiarato esclude la cessione occulta
La destinazione dei beni in un deposito non dichiarato di pertinenza dell’impresa non fa scattare la presunzione di avvenuta cessione se il “passaggio” è accompagnato dall’osservanza di idonee modalità probatorie, come l’esistenza di un contratto di comodato per l’uso del deposito stesso. Questo in quanto, conformemente alla stessa circolare n. 193 del 23 luglio 1998 dell’Agenzia delle Entrate, per vincere la presunzione di cessione la prova può essere fornita attraverso la produzione di documentazione annotata in uno dei registri Iva, la disponibilità dei locali in cui si trova la merce, e l’esatta individuazione dei beni che hanno formato oggetto delle presunzioni.
● Cassazione, sentenza 1217/2020
La cancellazione dal Registro imprese non accelera l’accertamento
La cancellazione di una società dal Registro imprese non costituisce, ex se, un motivo che legittima l’Amministrazione a notificare l’accertamento ante tempus senza il rispetto del termine dilatorio tale che il contribuente possa opportunatamente difendersi. Questo in quanto l’Amministrazione deve sempre motivare se l’anticipata emissione dell’atto impositivo può eliminare o circoscrivere il pericolo della compromissione delle ragioni dell’Erario.
● Cassazione, sentenza 1289/2020
Necessario conoscere il costo dei beni ceduti per l’ omessa dichiarazione Ires
Nel caso di reato di omessa dichiarazione, laddove non sia noto il costo dei beni poi ceduti, non è calcolabile con certezza il ricavo conseguito e dunque non è possibile provare in capo al contribuente/reo il superamento della soglia penale di punibilità di 50mila euro di Ires evasa. Diversamente, nel caso dell’Iva, laddove l’importo dell’imposta emerga direttamente dalle fatture attive rinvenute durante la verifica, non è possibile compensare il debito così insorto con il credito meramente ipotetico riferito a fatture passive, se queste risultano non essere state mai ricevute e pagate.
● Cassazione, sentenza 2279/2020
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